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Il 19 gennaio 1940 nasceva a Palermo Paolo Borsellino.

simbolo della lotta alla mafia grazie al suo impegno al fianco di Giovanni Falcone.

I due magistrati, tragicamente eliminati dalla criminalità organizzata, sono diventati martiri della giustizia, bandiera della resistenza alla mala vita. Nato a Palermo, Borsellino diventa magistrato a soli 23 anni stabilendo un particolare record nel mondo della magistratura italiana.

“La mafia ha perso. Ha vinto lo Stato. E i giudici, e le forze dell’ordine e gli uomini della scorta e tutti quelli che hanno creduto in loro, e infine chi non ha taciuto“. Avrebbe voluto sicuramente festeggiarli così i suoi 81 anni Paolo Borsellino, con un biglietto d’auguri in una mano, l’immancabile sigaretta nell’altra e il sorriso stampato sul volto. Ma così non sarà, lo sanno tutti.

Lo sanno dal 19 luglio 1992, la vita di Paolo Borsellino terminò, dunque, a 52 anni, lì dove tutto era cominciato, a Palermo. Una città che è stata il suo ombelico del mondo e il suo cordone ombelicale, padre ostile e madre premurosa: “Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare“.

Di certo non se n’è andato senza averci provato davvero, altrimenti un biglietto d’auguri tra le mani lo starebbe girando e rigirando di sicuro, natura permettendo. E questo Borsellino lo sapeva meglio di chiunque altro, dato che dopo aver portato in spalla la bara del suo fedele amico e collega Falcone, un giorno disse alla moglie:

“Quando mi ammazzeranno, sarà stata la mafia ad uccidermi. Ma non sarà stata la mafia a volere la mia morte“.

Chiaro riferimento alla politica, allo Stato che lui aveva cominciato a servire all’età di 23 anni. Figlio di farmacista era arrivato ad essere Borsellino dopo una esaltante scalata ai vertici della magistratura: da uditore giudiziario presso il tribunale civile di Enna al pool antimafia diretto da Rocco Chinnici e di cui facevano parte anche Falcone e Barrile.

Il 4 agosto 1983, però, il giudice Rocco Chinnici fu ucciso con un’autobomba. Il pool, tuttavia, sotto la nuova direzione di Caponnetto continuò nell’incessante lavoro raggiungendo i primi risultati. Nel 1984 l’arresto Vito Ciancimino e il pentimento di Tommaso Buscetta. In un clima di sangue e terrore (viene ucciso anche il commissario Beppe Montana) cominciò la preparazione del Maxiprocesso: Falcone e Borsellino vengono immediatamente trasferiti all’Asinara per concludere le memorie e predisporre gli atti senza correre ulteriori rischi.

Dopo il grande successo, Falcone e Borsellino – preoccupati che dopo l’arresto di numerosi mafiosi, l’attenzione su Cosa Nostra potesse scemare, si batterono per la formazione di una Superprocura. Sembra Falcone quello destinato dirigerla, ma il 23 maggio 1992 sarà ucciso insieme alla moglie nella, tristemente nota, “strage di Capaci“. Paolo Borsellino rifiuterà di prendere il suo posto, preferendo continuare la lotta alla mafia e le indagini sugli esecutori dell’attentato dalla Procura di Palermo. Proprio qui, il 19 luglio dello stesso anno sarà lui stesso vittima dell’altrettanto famigerata “strage di via D’Amelio”.